Roma, 30 luglio 2021. Le principali vittime della crisi economica pandemica sono state le donne, già penalizzate da forme di lavoro precario e sottopagato: una visione di futuro post Covid 19 non può quindi prescindere da politiche di contrasto alle disuguaglianze di genere, una scelta che ha non solo valore economico, ma di eguaglianza e di civiltà. Occorre mettere in atto azioni correttive per favorire un cambiamento culturale nei confronti del gender gap, finalizzate alla parità nella remunerazione donne-uomini e, più in generale, ad un welfare propedeutico all’eguaglianza nel lavoro, potenziando i servizi di assistenza all’infanzia e di cura famigliare che, tradizionalmente, assorbono molte energie femminili.
E’ questa la posizione di CIDA, la confederazione dei dirigenti pubblici e privati e delle alte professionalità, formulata nel corso di un incontro con la senatrice Susy Matrisciano, presidente della Commissione Lavoro Pubblico, Privato e Previdenza Sociale di Palazzo Madama.
Per quanto riguarda il ‘gender gap’ femminile, a parte le considerazioni di natura etica e di giustizia sociale, dal punto di vista economico è evidente che una forza lavoro qualificata e potenzialmente molto produttiva come quella femminile, costretta in mansioni e settori a scarso valore aggiunto (o peggio ancora nel lavoro entro le mura domestiche) costituisce per il nostro paese uno spreco insostenibile. Solo attraverso il pieno ed efficiente utilizzo delle competenze accumulate dalla forza lavoro è infatti possibile imboccare quel sentiero virtuoso di crescita necessario all’Italia.
Alcune cifre spiegano meglio la dimensione del fenomeno: le donne occupate in Italia risultano essere circa il 20% in meno degli uomini e sono penalizzate nell’ingresso del mondo del lavoro sia per il diffuso fenomeno della cooptazione, che perpetra la ‘preferenza’ maschile nell’accesso al lavoro e, soprattutto, negli avanzamenti di carriera, sia a causa della sbilanciata divisione dei ruoli di genere all’interno della coppia. Secondo le stime della Banca d’Italia se il tasso di occupazione femminile si ampliasse fino al 60% il PIL aumenterebbe del 7 %.
Ancora, nel nostro Paese la media dei salari delle donne è inferiore del 10% rispetto a quelli degli uomini a parità di mansioni (raggiunge il 17% nel privato): più virtuosamente, il settore pubblico evidenzia una maggiore equità rispetto a quello privato: l’oggettivazione dei profili professionali per competenze certificate, gli accessi governati per concorso e le retribuzioni definite con rigore per classi salariali del contratto pubblico, tolgono gli avanzamenti di carriera alle disparità di genere e alle arbitrarietà di cultura di impresa, lasciandole in ambiti di maggiore perequazione.
Infine, le donne avendo minori possibilità di avanzamento salariale hanno un gap pensionistico che si attesta al 39% in meno rispetto agli uomini
CIDA, attraverso le sue Federazioni, Manageritalia e Federmanager, ha già messo in atto iniziative pratiche per contra-stare il gender pay gap: collaborando attivamente ad una proposta di legge, attualmente in seconda lettura al Senato, e dedicando alle pari opportunità appositi articoli nei CCNL sottoscritti con le parti datoriali.
C’è poi da considerare il programma europeo Next Generation EU ed il piano nazionale PNRR che rappresentano un’opportunità straordinaria per aumentare la partecipazione delle donne ai processi decisionali e per accrescere la loro presenza in tutti i settori economici.
“Ma il successo di questo processo evolutivo – ha commentato Mario Mantovani, presidente di CIDA – potrà essere conseguito solo attraverso l’impegno collettivo e coordinato tra operatori pubblici, operatori economici privati e fami-glie, tra il mondo della scuola e della formazione, tra operatori della comunicazione e dell’informazione, tra patrimonio culturale tangibile e intangibile del nostro Paese. L’uguaglianza di genere, in altre parole, non è più solo una questione ‘femminile’, ma tocca da vicino tutti noi e il tipo di società e di economia che immaginiamo di costruire sulle macerie prodotte dalla pandemia”, ha concluso Mantovani.
CIDA è la Confederazione sindacale che rappresenta unitariamente a livello istituzionale dirigenti, quadri e alte professionalità del pubblico e del privato. Le Federazioni aderenti a CIDA sono: Federmanager (industria), Manageritalia (commercio e terziario), FP-CIDA (funzione pubblica), CIMO (sindacato dei medici), Sindirettivo (dirigenza Banca d’Italia), FENDA (agricoltura e ambiente), Federazione 3° Settore CIDA, FIDIA (assicurazioni), SAUR (Università e ricerca), Sindirettivo Consob (dirigenza Consob), Sumai Assoprof (Sindacato Medici ambulatoriali).
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