Comunicato stampa CIDA
Roma, 12 ottobre 2021. Una maggior flessibilità in uscita dal mercato del lavoro ai fini previdenziali è necessaria, sia per rispondere alle esigenze dei lavoratori, sia per superare lo ‘scalone’ post quota 100. Ma per essere efficace deve corrispondere a determinati requisiti: ‘stabile’ per dare certezze a chi deve andare in pensione nel medio-lungo periodo; ‘razionale’ con penalizzazioni non punitive in caso di anticipo pensionistico; ‘sostenibile’ per mantenere il sistema in equilibrio ed essere utilizzabile anche dalle future generazioni. E’ su questi principi che si articola la proposta di CIDA, la confederazione dei dirigenti pubblici e privati e delle alte professionalità, contenuta in un documento consegnato alla Commissione Lavoro della Camera, nell’ambito delle audizioni con i sindacati e gli esperti. In dettaglio, la proposta prevede un’ipotesi di pensionamento anticipato a tutti quei lavoratori in grado di raggiungere il requisito di 64 anni di età anagrafica (in luogo degli attuali 62 di quota 100) e 38 di contributi effettivamente versati (ponendo quindi un tetto alla contribuzione figurativa da conteggiare, al netto ovviamente di quella da obblighi di leva e per maternità). Ferma restando la possibilità di continuare l’attività lavorativa fino ai 70 anni valorizzando l’ulteriore contribuzione. Parallelamente, andrebbe mantenuta costante la possibilità di pensionamento anticipato con il solo requisito contributivo, a 41 anni, senza prevederne l’adeguamento alla speranza di vita.
Per CIDA il nuovo meccanismo di flessibilità pensionistica, per essere equo, dovrebbe riguardare tutti i lavoratori, dipendenti ed autonomi, senza alcuna distinzione. Contribuendo così ad una maggiore trasparenza dell’intero sistema previdenziale e facendolo diventare più rispondente ad una evoluzione del ‘lavoro organizzato’ sempre con meno distinzioni tra lavoratori subordinati e autonomi. Un tale passaggio comporterebbe necessariamente la possibilità di cumulare redditi da lavoro e da pensione. Una abolizione del cumulo di tali redditi continuerebbe ad essere vista come una penalizzazione ingiusta e incomprensibile per chi – dirigenti, manager, alte professionalità – svolge mansioni di natura intellettuale con livelli di competenza e capacità che potrebbero essere utili ed arricchire il mondo del lavoro, senza mortificare il lavoro ‘obbligandolo’ alla gratuità della prestazione.
“Qualsiasi sarà la formula che si andrà a proporre – ha commentato Mario Mantovani, presidente di CIDA – occorrerà tenere in seria considerazione il fatto che i giovani non hanno la certezza di retribuzioni continuative e dinamiche, come le generazioni precedenti. Un problema sociale che va risolto: se la loro contribuzione venisse ‘spalmata’ su un numero consistente di anni, potrebbe essere sufficiente a garantire un dignitoso futuro previdenziale. Specialmente se integrata da una sempre più opportuna previdenza complementare che avrebbe una funzione non solo di supporto retributivo, ma anche di strumento in grado di colmare i vuoti contributivi”, ha concluso Mantovani.
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