Roma, 12 settembre 2016 – Delle circa 7.000 risoluzioni di rapporti di lavoro dirigenziali che si verificano in media ogni anno, il 60% è presa in carico direttamente da Federmanager, la Federazione dei manager dell’industria. Nel 2015 il numero delle risoluzioni gestite e analizzate è stato pari a 4.411 casi, (87% uomini e 13% donne), sostanzialmente in linea con i dati registrati negli ultimi 5 anni. I numeri Federmanager, elaborati su base Inps, confermano nel quinquennio 2011-2015 una perdita complessiva del 10% della forza manageriale del nostro Paese, non adeguatamente compensata dalle nuove assunzioni, che riguardano principalmente le aziende di media-grande dimensione. Per un Paese caratterizzato in prevalenza da PMI, sul totale di imprese industriali solo il 5.6% ricorre a una figura manageriale.
«Anche quest’anno dobbiamo riconoscere che non c’è una ripresa reale», avverte il presidente Federmanager, Stefano Cuzzilla. «Soffriamo la mancanza di una cultura di impresa capace di mettere in connessione l’investimento in figure manageriali e la competitività del proprio business. Tagliare queste professionalità significa disperdere competenze non solo qualitative ma anche valoriali, pregiudicando seriamente le possibilità delle nostre PMI di concorrere su un mercato in continua evoluzione».
Le risoluzioni consensuali (67%) continuano a rappresentare la modalità prevalente di risoluzione del rapporto di lavoro dirigenziale, le dimissioni volontarie costituiscono il 2% mentre i provvedimenti di licenziamento sono il 31% del totale. Di questi, oltre il 14% è avvenuto nell’ambito delle procedure di licenziamento collettivo ai sensi della legge 223/91. Ben l’85%, invece, è giustificato dal motivo oggettivo, cioè di carattere organizzativo (+8% rispetto al 2014), confermando la prosecuzione, da parte delle aziende, di processi di riorganizzazione se non di ristrutturazione che colpiscono fortemente la componente manageriale.
Il presidente Federmanager spiega così questo andamento: «Il manager è il primo a pagare sulla sua pelle l’apertura di uno stato di crisi o di un piano di ristrutturazione. Nel 64% dei casi il licenziamento avviene per soppressione della posizione. Se l’azienda avvia un ridimensionamento, incomincia dai profili più costosi, senza considerare che le figure apicali sono anche quelle strategiche, quelle necessarie a essere competitivi sul mercato.»
Il 73% delle risoluzioni riguarda l’area geografica Nord Ovest (Lombardia, Val d’Aosta, Piemonte, Liguria). Le aree aziendali maggiormente interessate sono l’area tecnica/produzione (23%) e l’area commerciale/marketing (17%). I settori maggiormente colpiti sono informatica/elettronica/tlc (31%) e meccanico/siderurgico (24%).
Se ci sono dei segnali positivi, questi riguardano gli over55 e le forme di collaborazione a tempo e di tipo consulenziale. «Il nostro osservatorio chiarisce che il mercato del lavoro sta chiedendo maggiore flessibilità e maggiore esperienza», commenta Stefano Cuzzilla. «Per questo stiamo valutando nuovi strumenti negoziali nel dialogo aperto sia con Confindustria sia con Confapi. Imprenditori e manager sono chiamati a fare uno sforzo in un contesto economico avverso: noi dobbiamo individuare delle soluzioni per favorire la managerializzazione delle imprese anche nella forma del temporary management in modo da inserire rapidamente competenze manageriali e innovazione nel tessuto produttivo».
Secondo Cuzzilla: «In vista della prossima Legge di Stabilità sarebbe opportuno che il governo consideri la possibilità di inserire incentivi mirati e premianti per chi guida una piccola impresa e, per crescere, intende assumere un manager. La nostra Federazione ha già individuato 4 profili manageriali che sono utili a porsi in maniera vincente sul mercato».
Federmanager ha brevettato un disciplinare di certificazione di 4 competenze manageriali specifiche: il temporary manager, il manager di rete, l’export manager e l’innovation manager. «Si tratta di figure che – conclude il presidente – presentano le caratteristiche e i requisiti di cui oggi l’impresa non può fare a meno».